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Ponti – LittleBirds On Tour
Raccontare

Ponti

Lonigo (VI) – ottobre 2024

Sono piuttosto convinta che quando decidiamo di venire qui sappiamo già quale sarà il giorno in cui ce ne andremo via. Lo dimentichiamo subito dopo essere arrivati, in quel marasma di sangue e grida e amore. Dimentichiamo per poter godere della meraviglia e della sorpresa dei giorni che si susseguono, confidando e sperando che ce ne sara sempre un altro. Ci ricordiamo tutto appena smettiamo di respirare e quanto è stato dietro di noi si svela nel suo senso profondo, della vita che si compie. Il problema è tutto nostro, che qui rimaniamo nella dimenticanza, a guardare chi se ne va. Un giorno una donna mi disse che invidiava le persone che credono perchè almeno possono trovare una ragione alla morte, il conforto in una fede religiosa che in qualche modo aiuta a trovare un senso, anche alle situazioni più dolorose. Ma io credo che possiamo trovarlo anche noi che crediamo nel movimento dell’Universo e della Vita, che trovano l’incastro possibile di tutti i pezzi delle nostre storie.

Un giorno di poco tempo fa, arriva nella mia vita M., una donna con qualche anno, molto intelligente e con una bellezza che ancora risplende, gli occhi color dell’acquamarina. La incontro per un caso, veramente inaspettato e imprevedibile. Lei è la madre di un ragazzo morto trent’anni fa in un incidente stradale, era mio coetaneo, lo conoscevo per la scuola. Fu una morte tragica, un ragazzo di 24 anni, brillante, con potenzialità altissime per il suo futuro. E d’un botto non c’era più. Una vita che poteva dare così tanto era finita senza dare nulla, in apparenza. Tutti potremmo chiederci il perchè, che motivo c’era? M. mi racconta che ogni anno, dopo quel giorno, l’ultima ragazza che il figlio aveva conosciuto, dal suo paese lontano è andata a trovarla, un appuntamento adesso interrotto da due anni, per motivi geopolitici. Stava con lei come se si conoscessero da sempre. Un regalo del figlio, un modo per non farla sentire sola, sono i pensieri di una che crede nell’impossibile e sono i miei pensieri. E in questo presente sono io ad accompagnare M., lei che non ha più guardato la foto del figlio e mi chiede aiuto per lasciarlo andare. Era tutto funzionale a questo incontro, potrei dire, se credessi nell’impossibile. Come appunto faccio.

L’ho imparato quando sono stata a Marseille, con Louis Dovet. Ho iniziato ad accorgermi che esistono ponti che ogni tanto appaiono nei segni reali e che possono portare in quel mondo in cui le dimenticanze si ricordano e i confini svaniscono.

E così, poco tempo fa L., una donna ormai stanca di resistere sempre al dolore, ha deciso di andare via. Forse c’erano ancora dei motivi per restare, ma era troppo stanca e poi sapeva che i figli erano tranquilli, sembravano a posto, poteva andare. Ho viaggiato una notte in treno e ho raggiunto la figlia, gli amici e i parenti, per salutarla. Abbiamo brindato con uno spritz alla sua vita. Nel viaggio di ritorno, nella mia testa si stipavano quintali di parole che componevano la frase che avevano scelto per ricordarla. La mia testa la urlava ripentendola senza sosta. Finchè ho agito come dovevo e la voce ha finalmente fatto silenzio.

Non come chi vince sempre, ma come chi non si arrende mai

(Frida Kahlo)

L’eredità di L. arriverà a nostra nipote. Le racconterò questa storia, così che sappia che le vite, tutte le vite, anche se sono brevi, sono servite proprio a questo nostro giorno di oggi.

 

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