Il pranzo “sotto le stelle” – LittleBirdsOnTour per Strilleat.it – 30 aprile 2016*
Stavo per partire, quando mi son sentita dire “Ma, Little Birds, con tutto questo sole come farai a vedere le stelle?”, “Non temere, Mr. Blues, se sono vere stelle le potrò vedere brillare sempre!”. Animata da questi pensieri intrisi di ricerca astronomica, qualche giorno fa, ho raggiunto la Tenuta delle Grazie, a Curinga, per partecipare a “Il pranzo sotto le stelle” la prima reunion degli Chef stellati calabresi. L’evento è stato organizzato da Vinocalabrese.it di Giovanni Gagliardi e pensato come particolarissima anteprima di Radici del Sud, il salone dedicato ai vini e ai vitigni autoctoni meridionali, in programma a Bari dal 7 al 13 giugno.
Per arrivare alla Tenuta, ho attraversato il territorio della DOP Lamezia, con gli ulivi che hanno fatto da cornice al mio viaggio, con Charles Trenet che cantava “Que reste-t-il de nos amours”, che anche se non hai amori finiti da ricordare, te li inventi per lasciarti prendere ugualmente dalla nostalgia, con i pensieri che circolavano liberamente in questo perfetto momento solitario-malinconico-meditativo, con il vento tra i capelli. Il posto è davvero carino: un casale di campagna ristrutturato mantenendo la rusticità originaria, la ruota del vecchio frantoio azionata ad acqua e lasciata a vista, murature non intonacate, legno, acqua, prato. Direi la giusta atmosfera per una mattinata lenta di assaggi gustosi, di calici da riempire e di amici ritrovati, inaspettatamente ritrovati.
Prima del pranzo si è tenuto un momento di degustazione con alcune delle cantine calabresi che parteciperanno a Radici del Sud ed è inutile precisare che mi sono seriamente impegnata per provare un goccio di ognuno e non far torto a nessuno. Dall’arancio del rosato di ‘A Vita (Cirò), ai Cirò integerrimi di Cataldo Calabretta (Cirò Marina), alla piacevolissima scoperta di Abbaruna, un rosato da Aglianico, e degli altri vini delle donne de La Peschiera (San Lorenzo del Vallo), agli aromi noti e più volte apprezzati di Casa Comerci (Badia di Nicotera), alle intense sensazioni regalate da Durì, Cirò rosso classico riserva di Scala Cantine e Vigneti (Cirò), a quel rosato di Tenuta del Conte (Cirò), così profumato e persistente come il ricordo di quegli amori inventati e finiti, fino alla certezza del calore dei vini di Tenuta Barone G.R.Macrì (Locri). Accanto alla cantine, una selezione di oli e di prodotti tipici calabresi: gli oli di Olearia San Giorgio dei fratelli Fazari (San Giorgio Morgeto), i salumi artigianali (‘nduja, mon amour) dell’azienda Ioppolo (San Giorgio Morgeto), l’olio, le marmellate e i sott’oli di Mariangela Costantino dell’Agriturismo Costantino (Maida) e i formaggi di capra dell’azienda Santanna (Campora di San Giovanni). Soprattutto i formaggi. E soprattutto la signora Maria Procopio, che ha il sorriso aperto e potente e che è tornata in Calabria insieme al marito, dopo aver vissuto 25 anni in Piemonte dove ha imparato a “fare il formaggio”. E ha imparato davvero bene. L’azienda trasforma esclusivamente il latte prodotto dal proprio allevamento, che oggi conta 120 esemplari, con un controllo puntuale e costante della qualità del latte che permette di ottenere formaggi davvero gustosi e particolari: le formaggelle fresche e stagionate, il caprino stagionato, ottimo con un velo di miele di acacia, la mousse delicatissima di robiola. Tra un assaggio e un bicchiere, dalla cucina sono arrivati i finger food preparati dagli chef: l’equilibrio classico della tartelletta al parmigiano con ricotta mantecata al limone e menta (Agostino Bilotta); la freschezza che non ti aspetti del baccalà con patè di olive su vellutata di cetriolo e mela verde (Luca Abbruzzino); la burrosa opulenza del bon bon di gambero con cuore di burrata, zucca gialla e pangrattato all’acciuga (Riccardo Sculli); la semplicità essenziale delle acciughe ripiene con pecorino e pangrattato profumato (Caterina Ceraudo).
Ci spostiamo all’interno della struttura per il pranzo che inizia dopo un breve saluto di Giovanni Gagliardi e di Nicola Campanile, per Radici del Sud. Con me, al tavolo, vignaioli, ristoratori, esperti gourmet ed amici ritrovati.
L’apertura del pranzo è affidata a Caterina Ceraudo (Ristorante Dattilo, Strongoli) con il “Ceviche di dentice, bergamotto, limo e cipolla”: è l’interpretazione della classica ricetta dello ceviche sudamericano con l’utilizzo di prodotti locali, come il bergamotto e la cipolla rossa, con quel piccante della marinatura che viene ripreso dal gusto netto della senape fresca che arricchisce l’effetto complessivo e che sveglia il palato dal torpore, come un pizzicotto sulla guancia. Si prosegue con il “Gambero, mandorla, ciliegia e pepe rosa” di Luca Abbruzzino (Ristorante Alta Cucina Locale, Catanzaro): tre bocconi divini, da assaporare lentamente così che la dolcezza del gambero si possa fondere con la carnosità della ciliegia e spezzarsi nella mandorla croccante. Il secondo antipasto, la “Ricciola in frisella di pomodoro e colatura di acciughe”, con un sfoglia di ‘nduja, di Riccardo Sculli (Ristorante Gambero Rosso, Marina di Gioiosa Ionica) conquista nei suoi sapori così decisamente mediterranei, così familiari, così sinceri. Il gusto non nasce da alcuna alchimia, ma è semplicemente guidato dall’esaltazione delle materie prime. Per finire, il “Duetto di triglie farcite con verdura e formaggio vaccino “Il Moro” e vellutata di arance e zenzero” di Agostino Bilotta (Ristorante L’approdo, Vibo Marina): piatto ricco di ingredienti che ha confermato all’assaggio la sensazione di ricchezza del gusto, un tocco maggiore di zenzero e di arancia avrebbe regalato una scintilla in più.
In abbinamento alle prime portate sono stati serviti: Dovì Metodo classico rosè 2013 di Tenute Ferrocinto, Grisara, IGP Val di Neto bianco 2015 di Ceraudo, Cirò DOC bianco 2015 di Tenuta del Conte, Jentilino, DOP Terre di Cosenza bianco 2015 di La Peschiera.
Riccardo Sculli ha poi proposto “Mezze maniche, spigola e le sue uova”: un particolarissimo e riuscito accostamento di pasta e pesce crudo, di sensazioni calde e fredde, di sapori dolci, con il sugo di pomodori datterini, e decisamente sapidi, con le uova di spigola. Agostino Bilotta ha preparato “Saccottini ripieni di calamari in salsa di scalogno al limone, pomodorini confit e quenelle di ricotta di pecora al profumo di timo e maggiorana”: ancora tanti ingredienti a comporre il piatto con i quali giocare, ora singolarmente ora mixandoli, per sperimentare diversi assaggi e lasciarsi conquistare da uno o dall’altro. In abbinamento ai primi sono stati proposti: Cirò DOC rosato 2015 di Scala Cantine e Vigneti, Granatu, IGP Calabria rosato 2013 di Casa Comerci.
Per secondo, il “Filetto di maiale con caramello di cipolle” di Cristina Ceraudo: servito semplicemente e spartanamente, con una pennellata verde di crema di legumi freschi, cottura perfetta della carne ma con una sapidità troppo accentuata. In abbinamento Terre di Gerace, IGP Calabria rosso 2015 di Tenuta Barone G.R.Macrì e Cirò DOC Classico Superiore rosso 2013 di Cataldo Calabretta.
La conclusione del pranzo, prima della piccola pasticceria, è stata affidata a Luca Abbruzzino con il “Latte, camomilla e nespole”: una quenelle di mousse fresca di latte accompagnata dai filetti di frutta e da una vellutata alla camomilla dall’effetto calmante, forse troppo.
Alla fine del pranzo, i quattro chef guadagnano la scena per i saluti finali e per un bell’applauso, di gusto. Ci sarebbe piaciuto poter ascoltare le loro impressioni, i loro racconti sulla giornata e sui piatti preparati, ma, alla fine, ognuno usa il linguaggio che conosce meglio per esprimersi e la cucina è uno di questi.
Al mio rientro, Mr. Blues mi ha chiesto se ero riuscita a vedere le stelle “Si, certo. Anche se qualcuna ha brillato più delle altre”.
PS: grazie a Giuseppe Figliomeni, perché ha avuto la pazienza di esaudire ogni mio desiderio e perché è anche merito suo se brilla una stella al ristorante Gambero Rosso.
*Pubblicato su strilleat.it il 4 maggio 2016