Per Brancaleone Superiore
Quel giorno, tornando dalla Locride, decido di fermarmi a Brancaleone. Avevo sentito di certe cose che si stavano muovendo e volevo andare a vederle con i miei occhi.
Brancaleone d’inverno è un posto fermo, è un paese che si srotola come un nastro lungo la Statale 106: il mare, le case, la ferrovia, la strada, ancora le case. Linee parallele che non so dirvi se mai si incontreranno da qualche parte.
Lì c’era un altro visionario ad aspettarmi, Carmine. Sembra che io li attiri come una calamita e io sono a mia volta attirata da quello sguardo puntato in quella direzione che solo loro conoscono. Carmine è il presidente della Pro Loco di Brancaleone e ha un non so che di arcaico, sembra essere un viaggiatore del tempo apparso qui da chissà quale epoca. Non ci eravamo mai incontrati prima, eppure mi ha aperto il suo cuore e la sua mente con una naturalezza rassicurante. A lui ho chiesto di parlarmi di Cesare Pavese e di Brancaleone Superiore. Carmine è un fiume di parole: sono parole innamorate, sono parole resistenti, sono parole ferme, decise, determinate, pronunciate perché qualcuno possa raccoglierle. Pronunciate a voce alta, nonostante tutto e tutti.
Mi faccio accompagnare alla casa che ha ospitato Cesare Pavese nel periodo di confino (3 anni, ridotti poi a quasi uno) a cui era stato condannato dal governo fascista, dal 4 agosto 1935 al 15 marzo 1936. Pavese era stato arrestato il 15 maggio 1935 e tradotto nel carcere di Regina Coeli a Roma, per la sua presunta appartenenza al gruppo clandestino “Giustizia e Libertà” e perché riceveva in casa lettere politicamente compromettenti, ma indirizzate ad una militante del partito comunista clandestino con la quale aveva avviato una relazione amorosa, Battistina Pizzardo.
Evidentemente Brancaleone, all’epoca, era considerato un luogo così lontano dal mondo, così sperduto, così isolato da poter diventare sede di confino…
La stanza è in uno stabile ristrutturato da poco e i proprietari attuali hanno voluto mantenere quanto più possibile intatta la facies originaria: pavimenti antichi, mobili realmente appartenuti alla casa e altri oggetti ritrovati per ricreare l’ambientazione. Sul letto, una cravatta nera e le manette a ricordare il suo arrivo da prigioniero a Brancaleone. Di fronte, la porta che inquadra la vista su quello stesso mare che Pavese non amava e che andava a guardare solo quando era in tempesta.
Mi si stringe qualcosa dalle parti del cuore. Mi ritrovo a fissare quel letto, con un sorriso empatico e a girarmi verso i binari e il mare: nessun orizzonte lontano in cui perdersi e in cui aprire lo sguardo, solo una barriera di fichi d’india e un limite blu increspato di bianco. Mi sembra di vederlo, di essere quasi con lui in quel preciso momento in cui scriveva alla sorella “La mia stanza ha davanti un cortiletto, poi la ferrovia, poi il mare. Cinque o sei volte al giorno (e la notte) mi si rinnova così la nostalgia dietro i treni che passano. Indifferente mi lasciano invece i piroscafi all’orizzonte e la luna sul mare, che con tutti i suoi chiarori mi fa pensare solo al pesce fritto. Inutile, il mare è una gran vaccata“.
Qui, a Brancaleone, lo chiamavano “Il Professore” perché dava lezioni private di italiano e latino. Il pomeriggio andava al bar Roma a leggere i giornali e a scrivere. Una di quelle presenze che, nel loro assoluto silenzio, si farebbero notare a gran voce. Eppure, oggi, io devo andare a cercarla questa presenza di Pavese a Brancaleone. Non c’è un cartello che me lo ricordi, solo qualche foto in quel bar e quella scritta sbiadita all’ingresso della “Biblioteca Comunale Cesare Pavese“, chiusa. Perché è sempre così difficile mantenere viva la memoria di ciò che è accaduto in questa terra?
Lo chiedo a Carmine. Mi dice che qualcosa si sta muovendo. Ho fiducia in lui.
Poi ci sediamo su una panchina e mi racconta di alcuni sentieri danneggiati dalle recenti piogge, molto forti, quelli del paese vecchio, che se ne sta lassù, dimenticato da molti, ma non da tutti, a guardare la marina che diventa ogni giorno più intasata e più disorientata. “Stiamo investendo molto – mi dice Carmine – La gente ci critica, me in particolare perché in qualità di Presidente rappresento l’assemblea dei soci…dicono che investiamo troppo sul borgo. Questa, secondo me, è parte dell’ignoranza che esiste in Calabria, dove ci sono persone che non hanno la capacità di pensare al futuro e di capire che la nostra storia è quella che ci fa vivere oggi“.
Mi parla del paese abbandonato, delle sue origini millenarie, delle grotte un tempo abitate dai monaci bizantini, delle piogge che dilavano la storia, che portano con se pietre che mai più ritorneranno al loro posto. Ha gli occhi di un uomo innamorato, credetemi.
Mi dice che le piogge di novembre hanno danneggiato molti dei sentieri che attraversano il borgo e che rendono possibile l’accesso e la visita, alcuni muretti a secco sono crollati, portandosi dietro tratti delle staccionate che li costeggiano. Non si può stare fermi ad aspettare che qualcosa accada o che qualcuno provveda e nasce quindi l’idea, condivisa dai membri della Pro Loco, di una raccolta fondi tramite la piattaforma web buonacausa.org. Viene fissato un obiettivo economico da raggiungere non troppo elevato, perché si tratta di finanziare piccoli interventi necessari al ripristino dei sentieri, così da rendere nuovamente fruibile e senza difficoltà il borgo, perché sia passeggiato, perché sia percorso, perché sia mantenuto in vita. Mi sembra un’idea fantastica.
Saluto Carmine e lo ringrazio per avermi aperto le porte di Brancaleone, mi riprometto che mi farò guidare da lui tra i ricordi del borgo antico, magari la prossima estate.
Oggi, che i ricordi di quel giorno sono diventati una storia da raccontare, mi accorgo che sono passati già 4 mesi da quella passeggiata e scopro che l’obiettivo della raccolta fondi è ancora lontano da raggiungere e davvero mi rendo conto che stiamo perdendo di vista le cose importanti.
Questo racconto di uomini visionari, di poeti prigionieri e di pietre che cadono è un piccolo contributo per ridare luce alle cose che ci spariscono sotto gli occhi, per non doverle piangere quando non ci saranno più.
P.S.: Quel giorno, mentre rientravo a casa, pensavo che raccogliere 5000 € in 5 mesi sarebbe stato facilissimo e che comunque avrei dato in ogni caso loro una mano, condividendo la notizia sui social. Ho scritto un post appassionato, con il link per donare e ho aspettato. Ebbene: 18 mi piace, 4 condivisioni, 2 commenti, nessuna donazione direttamente collegabile al post. Inizio a pensare e ricordo che l’ultima foto che avevo pubblicato con una mia scollatura in evidenza aveva ricevuto 46 apprezzamenti…”Mi sembra ci sia qualcosa che non va. Vi assicuro che il borgo abbandonato merita, molto più della mia scollatura. Forse dovremmo riconsiderare le nostre priorità”, scrivevo…Ma vorrei tanto sbagliarmi.
Potete contribuire con le donazioni cliccando QUI.
Per informazioni e per visitare il borgo di Brancaleone Superiore e la casa di Cesare Pavese rivolgetevi a Carmine Verduci al 347-0844564, dite che vi ho mandato io.
Per ulteriori informazioni consultate il sito www.prolocobrancaleone.it in cui troverete anche le passeggiate organizzate nell’ambito del progetto Kalabria Experience