Con il verde degli ulivi negli occhi – In viaggio con Barlaam – n.2/2015
Un giorno mi chiamano al telefono e mi dicono: “Lo scriveresti un itinerario di viaggio per la nostra rivista? Scegli tu i luoghi da raccontare e fallo come sai fare tu”. Ecco cosa ne è venuto fuori.
PS: Questa è una cosa seria, una di quelle che vanno scritte nel curriculum vitae (in formato europeo). Buona lettura.
Con il verde negli occhi – Itinerario tra gli ulivi secolari alla scoperta di Cosoleto, Delianuova, Scido, Santa Cristina d’Aspromonte e Oppido Mamertina.*
Subito vediamo l’enorme giardino degli ulivi che comincia a Palmi e si estende per chilometri e chilometri verso Seminara e Cittanova. Già in Puglia mi hanno impressionato gli ulivi, ma là essi formano un giardino; qui invece costituiscono un’enorme foresta. Gli ulivi pugliesi sono più svelti, elastici, bassi, esili. Questi qui alti fino a 18 metri, di 1 metro e mezzo di diametro, estesi in larghezza di chioma, hanno un’antica maestà. Gli ulivi in Puglia ricordano giovani adolescenti svelti e nervosi (…) questi hanno forma di donna matura, graziosamente sviluppata
(Kazimiera Alberti, L’anima della Calabria, 1950).
Sono proprio gli ulivi i nostri compagni di viaggio lungo la tortuosa Strada Statale 112 che ci porta alla scoperta di un territorio affascinante e ricco di storia, il più delle volte dimenticata e nascosta ma che è ancora possibile leggere nelle tracce architettoniche e archeologiche che caratterizzano questi centri storici. Intorno a noi gli ulivi secolari, che troviamo ad ogni svolta, sono presenze costanti e rassicuranti che, con le reti per la raccolta delle olive arrotolate e distese da ramo a ramo, sembrano quasi tenersi per mano in una danza immobile e immutata nel tempo, anno dopo anno.
Il territorio dell’intero comprensorio venne completamente stravolto dal “Grande Flagello”, il terremoto del 1783 che distrusse la gran parte dei centri abitati, causando gravi perdite umane e cancellando la memoria storica e fisica dei luoghi: città distrutte e ricostruite in siti diversi con piante urbane regolari e simmetriche, porzioni di pendii rovinosamente franati, pianure sprofondate sostituite da specchi d’acqua. Uno scenario apocalittico, dunque, da cui le popolazioni si risollevarono con estremi sacrifici e in seguito a un lento processo di ricostruzione, in massima parte ottocentesco, delle comunità e delle città.
Ma tra le testimonianze architettoniche relativamente “moderne” si ritrovano i segni di un passato antico che parla la lingua dei Bretti, dei Greci e dei Bizantini. Grazie ad una preziosa pergamena risalente alla seconda metà del XI secolo, infatti, e pubblicata dallo storico André Guillou nel 1974, è possibile rintracciare una frequentazione certa del comprensorio in quel periodo con la delimitazione dell’area della Eparchia bizantina (o Tourma) delle Saline (ovvero la Vallis Salinarum romana coincidente con l’attuale Piana di Gioia Tauro) nel Tema di Calabria e con i toponimi greci degli insediamenti che ancora oggi riconosciamo: Dapidalbon (Pedavoli), Skidon (Scido), Spitzanon (Sitizano), Sinopolis (Sinopoli), Hagìa-Agathè (Oppido).
Il nostro viaggio inizia dal centro storico di Cosoleto, che venne riedificato nella località attuale secondo il progetto di Giuseppe Oliverio di Sant’Eufemia, dopo il sisma del 1783 che distrusse completamente l’abitato originario, posto a circa 2 km verso nord. Il vecchio nucleo era dotato di un castello di cui sono visibili pochissimi resti delle mura e di alcune sale. L’impianto urbano longitudinale, lungo la linea di crinale, lascia intravedere un disegno che doveva essere all’origine rigorosamente squadrato e si caratterizza per un’edilizia minuta che dà il senso del centro storico compatto, senza particolarità architettoniche e decorative. Una visita merita certamente il Museo delle Carrozze “Marchesi Taccone di Sitizano”, inaugurato nel 2010, che rappresenta uno dei pochi musei tematici presenti in Italia e secondo in ordine di importanza per la qualità delle carrozze che vi sono esposte. Le otto vetture, donate dai Marchesi Taccone, risalgono ai secoli XIX e XX e sono state restaurate dal signor Antonio Mezzatesta, artigiano locale, e poi collocate presso le vecchie stalle ristrutturate e adiacenti al palazzo dei Marchesi. Della collezione fanno parte delle Berline, tra i modelli che ebbero maggiore diffusione, un Landau, vettura decappottabile, e modelli di calesse usati per le attività di lavoro in campagna.
Proseguendo l’itinerario si incontra il centro di Delianuova, nato dalla fusione nel 1878 dei due nuclei di Pedavoli, originato sembra da alcuni abitanti di Tauriana (Palmi) e Paracorio fondato dagli abitanti di Delia, antica città della valle dell’Amendolea posta sul versante ionico nei pressi di Bova. Il centro è caratterizzato dall’uso della Pietra Verde locale per la realizzazione di portali, balconi e fontane che crea un unicum cromatico suggestivo con il paesaggio circostante dei grandi uliveti. Nella seconda metà del XVIII secolo arrivarono dalla Sicilia scalpellini per realizzare le ruote delle macine per la molitura delle olive, sfruttando la tenera ma resistente Pietra Verde estratta dalla cava di località Cotripa. La lavorazione della pietra è ancora viva oggi grazie alla presenza di artisti che interpretano in chiave moderna la tradizione scultorea locale. Il percorso ideale di visita per apprezzare al meglio la varietà espressiva delle realizzazioni in Pietra Verde, parte dalla chiesa di S.Nicola Vescovo (Pedavoli) con la bellissima e imponente scalinata in pietra e il portale di ingresso ad arco mistilineo e fregi laterali curvilinei; si prosegue lungo le vie Roma e Umberto I che collegano i due centri e in cui si scoprono i portali, ben 15, in stile neoclassico e caratterizzati da chiavi di volta a voluta, bugnato sui piedritti, elementi decorativi floreali o antropomorfi, mascheroni apotropaici. La visita può terminare con la chiesa di S.Maria Assunta (Paracorio) con il suo prezioso portone in legno, opera di maestranze locali ed esempio tangibile di un altro settore di artigianato di grande rilievo.
Anche Scido venne distrutta dal terremoto del 1783 e ricostruita lungo un asse principale (via Vittorio Emanuele) in cui è possibile trovare palazzi interessanti quali palazzo Romeo e palazzo Zampogna. Di grande interesse culturale, per la ricchezza di testi antichi (a partire dal XVI secolo) e relativi alla storia della Calabria che vi sono conservati, è la Biblioteca Comunale che è ospitata nel Palazzo Ruffo e che nasce dalla raccolta privata del dott. Paolo Greco, versata poi al Comune di Scido. Le sale del piano terra ospitano la collezione di pipe (circa 200 esemplari) realizzate con grande fantasia e inventiva dal maestro Rocco De Giglio e raffiguranti soggetti storici e politici, mitologici, animali, oltre ad alcuni reperti archeologici rinvenuti nei dintorni dell’abitato. Di fianco al palazzo si trova il Museo della Civiltà Contadina in cui è possibile osservare un frantoio in pietra con ruota porziana a trazione idraulica (dei primi del ‘900 e ancora funzionante) e numerosi utensili e oggetti di uso quotidiano e di lavoro, testimoni della cultura contadina.
All’ingresso del paese di Santa Cristina d’Aspromonte, una targa posta su un palazzo racchiude e sintetizza nel suo scritto il senso di questi luoghi vittime di un lento, ma inesorabile spopolamento: “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti” (Cesare Pavese, La luna e i falò, 1949). Il piccolo centro presenta una ricchezza tipologica nei suoi edifici che non si riscontra altrove e accanto agli edifici di edilizia comune si trovano un numero rilevante di palazzi caratterizzati da stili diversi. Il vecchio centro distrutto dal terremoto del 1783, poco lontano dall’attuale, era circondato da mura e dotato di un castello che le fonti storiche ci tramandano essere stato in grado di sostenere, insieme a quello di Bovalino appartenente allo stesso feudatario Falcone Ruffo, l’assedio prolungato dell’esercito di Manfredi alla conquista della Calabria (1255-1256). Suggestiva la visita ai ruderi del castello e del vecchio abitato per i quali, tempo fa, era stato avanzato un progetto di riqualificazione e valorizzazione del sito.
L’itinerario di viaggio si conclude a Oppido Mamertina, importante centro nel passato anche perché sede vescovile la cui fondazione risale al 1044. In periodo bizantino fu anche capoluogo politico della Tourma delle Saline, suddivisione amministrativa territoriale di cui si è già accennato e che si rendeva necessaria per il controllo capillare del grande territorio soggetto al governo bizantino. Importantissimi i siti archeologici che testimoniano la frequentazione dell’area in diverse epoche. In contrada Mella, poco distante dal paese, insiste un vasto e complesso sito che alcuni hanno identificato come i resti della mitica Mamerto, cita da Strabone; numerosi sono stati i ritrovamenti, sia di strutture urbane che di reperti mobili quali statuette in bronzo, tegole, testine di terracotta, monili, anfore e molto altro potrà ancora emergere dal prosieguo degli scavi, visto che non tutto il sito è stato portato alla luce. Poco distante si trovano i resti del vecchio abitato di Oppido, distrutto dal terremoto del 1783. Sono ancora visibili porzioni delle mura con le porte urbi che, è ben leggibile la struttura urbana medievale e sono notevoli i resti di alcuni importanti edifici quali il castello. Oltre alla visita della città ricostruita secondo una pianta urbana che doveva diventare un modello tipologico per la ricostruzione delle altre città, con i suoi numerosi palazzi nobiliari che nascono da una griglia ortogonale di isolati e che si affacciano su grandiose piazze e con la Cattedrale dell’Assunta, è possibile visitare il Museo Diocesano di Arte Sacra, che testimonia la storia della Diocesi prima e dopo il terremoto del 1783, e il Museo della Civiltà Contadina e Artigiana con l’esposizione di oggetti di artigianato locale e legati alle attività contadine.
INFORMAZIONI UTILI
Museo delle Carrozze “Marchesi Taccone di Sitizano”, Piazza Nicola Taccone, Sitizano di Cosoleto – Tel. 0966.962003
Laboratorio di scultura in pietra verde di Delianuova di Domenico Papalia, via Roma 141, Delianuova
Biblioteca Comunale “Paolo Greco”, Museo delle Pipe, Museo della Civiltà Contadina, Palazzo Ruffo via Roma, Scido – Tel. 0966.964048
Museo Diocesano di Arte Sacra, Piazza Duomo, Oppido Mamertina – Tel. 0966.86513
Museo della Civiltà Contadina ed Artigiana, presso Scuola Primaria, Oppido Mamertina – Tel. 0966.86006
*Pubblicato in “In viaggio con Barlaam”, rivista trimestrale del GalBatir (Basso Tirreno Reggino), n.2 (2015), Rubbettino Editore.