Capitolo I
La casa sorgeva sulla cima della collina che domina la valle del Nirto. Non c’erano altre case vicine, solo un capanno, anzi una vecchia casa in pietra, dentro cui si conservavano gli attrezzi per il lavoro nei campi.
Il Barone viveva da solo perché non amava la compagnia. Aveva paura di perdere le proprie abitudini che ormai scandivano le sue lunghe giornate. In realtà il Barone aveva molte paure e tutti quei suoi strani rituali gli servivano per allontanare i fantasmi del passato che ancora, dopo tanti anni, tornavano a fargli visita quando meno se lo aspettava.
La casa era molto grande, troppo grande per un uomo solo, e il Barone, per giustificare tutto quello spazio per sé, cercava di entrare in tutte le stanze ogni giorno, scostava le tende, apriva le finestre e faceva entrare sole e aria. Ogni stanza gli ricordava momenti vissuti e quel gesto di riempire le camere di luce e di aria serviva a ridare vita a quei momenti. Il Barone aveva lasciato, in ogni stanza, una parete bianca, vuota, libera da mobili o quadri. Quello era il suo schermo dei ricordi. Chiudeva gli occhi e le immagini si proiettavano sullo schermo. Non gli era difficile, gli bastava pochissimo per entrare nella sua mente. Più difficoltoso era abbandonare il passato, ritornare al mondo presente.
Spesso i ricordi prendevano il sopravvento e il suo corpo sembrava impazzito: ogni personaggio prendeva vita e gli entrava dentro.
Anche Margherita.
Per fortuna nessuno lo vedeva, altrimenti il medico del paese, don Cascella, l’avrebbe fatto internare. Ma un giorno d’estate due piccoli occhi verdi riuscirono a vedere. E non furono in grado di dimenticare.