#VitadaLocandiera – I 40 giorni di I.
“E quindi vai tu da loro, a casa di tua nuora, o viene lei da te?”, ha risposto così quando le ho detto che presto sarei diventata nonna.
“Come? Non ho capito”
“Nel mio paese, quando nasce un figlio la nonna materna si trasferisce per 40 giorni a casa della figlia, per aiutarla e per insegnarle ad essere madre. Sono tutti felici, la nonna che ha sempre il nipote, la mamma che ha un grande aiuto e il marito che se ne va fuori e si diverte!”. Ah. Mi ricordo di averlo già letto ne “La tenda rossa delle donne”, era secoli prima ma accadeva negli stessi luoghi da dove arriva la mia ospite I.
Era già stata da noi questa estate e durante le colazioni, in quelle mattine calde, era entrata subito in confidenza con me, mi ha regalato uno dei suoi “veli” e mi ha insegnato ad indossarlo. Questa volta me ne ha portati tre in regalo insieme a un sacchetto di dolci preparati da sua madre con noci, mandorle e datteri. Buonissimi.
Un pomeriggio di questa estate ci siamo ritrovate a chiacchierare davanti a un tè e un caffè, mi ha raccontato la sua storia, la sua separazione, la rinuncia al mantenimento perché non comprende il motivo per cui prendere soldi da un uomo con cui non si sta più e perché voleva cavarsela da sola. Mi diceva “La cosa più importante per una donna è essere indipendente, non dover dipendere da nessuno”. Si è sentita molto sola durante la separazione, ha avuto difficoltà a ritrovare un posto nel mondo del lavoro, avrebbe avuto bisogno di supporto e sostegno emotivo. Cose che ho già sentito dirmi tante volte da altrettante donne che stavano perdendo “lo status di moglie” per trovare un nuovo equilibrio. Me l’ha detto anche la cassiera della Coop l’altro giorno, dopo aver chiuso il suo matrimonio con l’ennesimo narcisista.
Se verrà questa estate mi ha fatto promettere di accompagnarla al mare, lei indosserà pantaloncini al polpaccio e una maglia a maniche corte, questo le è consentito dalla religione.
Le ho chiesto se la sua religione, così come prescrive questo abbigliamento per le donne fa lo stesso per gli uomini. “Beh, insomma”, mi dice, “le donne non possono mostrare i capelli e il corpo per non attrarre gli sguardi degli altri uomini, per non indurre in tentazione. Anche gli uomini dovrebbero mostrare poco del proprio corpo, anche se si è molto più tolleranti con loro, per non attrarre gli sguardi di altri uomini piuttosto che di altre donne”. I. è una donna molto bella, una gran lavoratrice e ha una grande fede nel suo Dio, “Perché la religione è un porto sicuro in cui approdare quando la vita è in tempesta”, mi ha detto.
Siamo lontane io e lei, non solo geograficamente, pensavo mentre sentivo un grande rispetto per le sue scelte. “La religione”, mi ha detto, “non è un obbligo, ma una scelta libera”. Forse su questo punto potrei avere qualche perplessità, ma alla fine ciò che conta è la propria serenità con sé stesse.
Mi rimane sempre la convinzione che l’albergo delle donne tristi e di quelle felici debba diventare una realtà.
“Come? Non ho capito”
“Nel mio paese, quando nasce un figlio la nonna materna si trasferisce per 40 giorni a casa della figlia, per aiutarla e per insegnarle ad essere madre. Sono tutti felici, la nonna che ha sempre il nipote, la mamma che ha un grande aiuto e il marito che se ne va fuori e si diverte!”. Ah. Mi ricordo di averlo già letto ne “La tenda rossa delle donne”, era secoli prima ma accadeva negli stessi luoghi da dove arriva la mia ospite I.
Era già stata da noi questa estate e durante le colazioni, in quelle mattine calde, era entrata subito in confidenza con me, mi ha regalato uno dei suoi “veli” e mi ha insegnato ad indossarlo. Questa volta me ne ha portati tre in regalo insieme a un sacchetto di dolci preparati da sua madre con noci, mandorle e datteri. Buonissimi.
Un pomeriggio di questa estate ci siamo ritrovate a chiacchierare davanti a un tè e un caffè, mi ha raccontato la sua storia, la sua separazione, la rinuncia al mantenimento perché non comprende il motivo per cui prendere soldi da un uomo con cui non si sta più e perché voleva cavarsela da sola. Mi diceva “La cosa più importante per una donna è essere indipendente, non dover dipendere da nessuno”. Si è sentita molto sola durante la separazione, ha avuto difficoltà a ritrovare un posto nel mondo del lavoro, avrebbe avuto bisogno di supporto e sostegno emotivo. Cose che ho già sentito dirmi tante volte da altrettante donne che stavano perdendo “lo status di moglie” per trovare un nuovo equilibrio. Me l’ha detto anche la cassiera della Coop l’altro giorno, dopo aver chiuso il suo matrimonio con l’ennesimo narcisista.
Se verrà questa estate mi ha fatto promettere di accompagnarla al mare, lei indosserà pantaloncini al polpaccio e una maglia a maniche corte, questo le è consentito dalla religione.
Le ho chiesto se la sua religione, così come prescrive questo abbigliamento per le donne fa lo stesso per gli uomini. “Beh, insomma”, mi dice, “le donne non possono mostrare i capelli e il corpo per non attrarre gli sguardi degli altri uomini, per non indurre in tentazione. Anche gli uomini dovrebbero mostrare poco del proprio corpo, anche se si è molto più tolleranti con loro, per non attrarre gli sguardi di altri uomini piuttosto che di altre donne”. I. è una donna molto bella, una gran lavoratrice e ha una grande fede nel suo Dio, “Perché la religione è un porto sicuro in cui approdare quando la vita è in tempesta”, mi ha detto.
Siamo lontane io e lei, non solo geograficamente, pensavo mentre sentivo un grande rispetto per le sue scelte. “La religione”, mi ha detto, “non è un obbligo, ma una scelta libera”. Forse su questo punto potrei avere qualche perplessità, ma alla fine ciò che conta è la propria serenità con sé stesse.
Mi rimane sempre la convinzione che l’albergo delle donne tristi e di quelle felici debba diventare una realtà.